“A parte i disturbi di radice biologica, non riesco a pensare a un singolo problema psicologico, ansia, depressione, inadeguato rendimento scolastico o lavorativo, paura dell’intimità, della felicità o del successo, abuso di alcool o droghe, percosse alla moglie o molestie ai bambini, co-dipendenza e disturbi della sessualità, passività, mancanza cronica di obiettivi, suicidio e crimini violenti – che non si possa far risalire almeno in parte ad una scarsa stima di sé.” Nathaniel Branden in “I Sei Pilastri dell’Autostima” (1994).
Cosa si intende con il concetto di autostima?
Etimologicamente viene dal latino “aestimare” che può essere tradotto con “dare un valore”.
Uno dei primi a descrivere l’autostima è stato William James (1842-1910) fondatore del Funzionalismo, che la definiva nel 1890:
- il rapporto tra il Sé percepito ed il Sé ideale, il rapporto tra ciò che siamo e ciò che pensiamo di essere.
Un’altra definizione la possiamo trovare nel “Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti che scrive:
- L’autostima è la“Considerazione che un individuo ha di sé stesso”.
In realtà come descrizione sembra essere un po’ scarna e senza sfumature.
Andiamo avanti allora.
In “L’Autostima. Vincere quasi sempre con le 3 A”, gli psicoterapeuti Edoardo Giusti e Alberta Testi (2006), ci offrono più una articolata ed interessante definizione del concetto che presenta moltissime sfaccettature:
- “L’autostima è un senso soggettivo e duraturo di auto-approvazione del proprio valore basato su appropriate auto-percezioni”.
Qui ci troviamo:
– Elementi cognitivi, come la definizione e la caratterizzazione di sé in termini descrittivi (aspetto fisico, forza fisica, abilità e competenza in vari ambiti e relazioni.
– Elementi affettivi, intesi come l’insieme dei sentimenti positivi o negativi nei confronti di sé stessi.
– Elementi valutativi (di tipo cognitivo- affettivo), legati cioè a criteri di paragone o a livelli di rendimento ideali e sentimenti che accompagnano le autovalutazioni.
Per gli Autori, l’autostima riflette la coesione e la stabilità del Sé, della propria identità, sviluppata durante gli anni formativi dell’infanzia e dell’adolescenza e non riceve nutrimento soltanto dagli eventuali apprezzamenti che ci riserva il mondo esterno, ma deriva soprattutto da ciò che noi interiorizziamo, da ciò che sentiamo e pensiamo di noi.
Nel 2000 gli psichiatri Chistofle Andrè e Francois Lelord hanno sostenuto che una buona autostima di sé è fondata su tre componenti fondamentali:
- L’amore di sé
- La visione di sé
- La fiducia in se stessi
L’amore di sé rappresenta per i due psichiatri l’amore incondizionato nei propri confronti, è il sentire dentro di sé che si è degni di amore e di rispetto, a dispetto dei nostri limiti.
La fiducia in sé stessi è invece la convinzione che siamo capaci di agire con adeguatezza nelle diverse circostanze della vita, soprattutto in quelle che risultano essere le più rilevanti.
Tutte e tre le componenti, compreso la visione, come ci “vediamo”, trovano fondamento nel “nutrimento affettivo” che abbiamo ricevuto in famiglia, nelle aspirazioni e nei nostri progetti che i genitori hanno proiettato su di noi, oltre che dal tipo di educazione ricevuta, non solo in famiglia, ma anche a scuola.
Sempre Chistofle Andrè e Francois Lelord nel testo: “La stima di Sé. Per imparare l’arte di amare e apprezzare sé stessi” (2008), dividono l’autostima in diversi aspetti:
- Avere fiducia in se stessi: vale a dire credere nelle proprie capacità di agire efficacemente. La fiducia in sé sottolinea l’importanza dei rapporti tra la stima di sé e l’azione.
- Sentirsi contenti, soddisfatti di sé: vale a dire essere soddisfatti del proprio modo di agire. Questo equivale a dire che senza stima di sé, neppure i successi sono vissuti come tali.
- Essere sicuri di sé I: inteso come prendere decisioni e perseverare nelle proprie scelte, il che sta a significare che una buona opinione di sé generalmente va di pari passo con la capacità di prendere decisioni equilibrate.
- Essere sicuri di sé II: inteso come non dubitare delle proprie competenze e dei propri punti di forza, in qualunque contesto. Avere stima di sé consente di esprimere sé stessi in ogni circostanza.
- Amore di sé: vale a dire essere ben disposti verso sé stessi, sentirsi soddisfatti di sé, cosa che evidenzia la componente affettiva dell’autostima.
- Amor proprio: inteso nel senso di possedere una consapevolezza molto forte della propria dignità, perché la stima risente soprattutto delle critiche.
- Conoscenza di sé: vale a dire sapersi descrivere e analizzare in maniera precisa, perché è importante sapere chi si è per potersi stimare.
- Affermazione di sé: vale a dire difendere nel rapporto con gli altri, i propri punti di vista e i propri interessi, perché per stimare se stessi a volte è necessario difendere il proprio territorio.
- Sapersi accettare: che equivale ad integrare le qualità ed i difetti per ottenere un’immagine globalmente buona o almeno accettabile di sé, anche perché riconoscere i propri difetti non preclude la stima di sé.
- Credere in sé stesso: vale a dire essere capaci di scomparire dalla scena pubblica riuscendo a tollerare la mancanza di successi che rafforzino la stima di sé. Questo perché talvolta la stima di sé non si nutre di successi, ma di convinzioni e di una certa visione di sé.
- Avere un’alta opinione di sé stessi: intesa come essere convinti di poter raggiungere obiettivi elevati. Infatti spesso l’ambizione e l’autostima sono strettamente collegate.
- Essere fieri di sé: vale a dire riuscire ad accrescere il proprio valore personale in seguito a un successo. Questo perché la stima di sé ha bisogno di essere alimentata da successi.
Possiamo dire dunque, che l’autostima è un mondo tutto sfaccettato e multidimensionale e potremmo azzardare fin d’ora che:
- “L’autostima è un fiore che va innaffiato ogni giorno. Il potere è dentro di noi, è nella cura che abbiamo di noi stessi, nella capacità di volerci bene”.
- L’autostima è il nostro Bucaneve quindi!
Cosa fare dunque per alzare il livello di autostima?
Per Branden una autostima interamente conquistata, deriva dal sentirsi adeguati alla vita e alle sue richieste. E’:
- Fiducia nelle nostre capacità di pensare e di superare le sfide fondamentali della vita.
- Fiducia nel nostro diritto al successo e alla felicità, nel nostro diritto di affermare le nostre necessità e desideri, di realizzare i nostri valori e goderci i frutti dei nostri sforzi, la sensazione di valere e di meritare tutto questo.
Inoltre l’autostima ha due componenti strettamente legate:
- un “senso basilare di fiducia di fronte alle sfide della vita” vale a dire il sentirsi efficaci
- la “convinzione di meritare la felicità” vale a dire il rispetto di sé, alla certezza del proprio valore.
“L’azione come punto centrale”
Branden parla proprio di “pratiche”, rendendo il concetto di autostima, qualcosa di molto concreto, perché per lui è quello che ciascuno fa che determina il suo livello di autostima.
Le chiama pratiche anche perché presuppongono sempre disciplina continua e coerente, diventando così non solo un modo di comportarsi, ma proprio “un modo di essere”.
Quindi il compito di ciascuno di noi è imparare bene queste pratiche e fare in modo di aiutare e incoraggiare gli altri nel fare altrettanto, da qualsiasi punti noi si parta.
I Sei Pilastri dell’Autostima sono:
- La Pratica di vivere consapevolmente
- La Pratica dell’accettazione di sé
- La Pratica del senso di responsabilità
- La Pratica dell’affermazione di sé
- La Pratica di darsi un obiettivo
- La Pratica dell’integrità personale
Se sei arrivato, arrivata fino in fondo a questo articolo, beh complimenti! Alla fine se metterai in pratica gli insegnamenti di Branden, la tua autostima sarà indistruttibile!!!!